22 novembre 2003
D.: Dottor Mariotti, quando e perché è nata l'idea di
scrivere un libro?
R.: La storia della letteratura ci insegna che molte delle pagine migliori sono
state ispirate dalla sofferenza, ed in questi ultimi anni solo gli interisti
hanno sofferto più dei promotori finanziari. I primi "sintomi"
di un'esigenza che stava nascendo dentro di me si sono manifestati nell'autunno
2001, riordinando il materiale giornalistico e storico che avevo raccolto in
anni di attività. Complice la recente lettura di alcune perle finanziare
d'oltreoceano (su tutti Bogle e Malkiel), ho provato a buttare giù qualche
idea su come avrei voluto che fosse un testo destinato al grande pubblico, che
unisse elementi di storia, curiosità finanziarie ed analisi dell'attualità,
alternativo però ai soliti titoli della serie: "Come investire in
borsa". Un libro pensato un po' all'americana. Quando poi, nell'ottobre
2002, mentre stavo scrivendo la traccia per un paragrafo sulle distorsioni cognitive
che spesso affliggono l'investitore (e non solo lui), è arrivato il Nobel
per l'economia a Kahneman, ho sentito che ero sulla strada giusta ed ho proseguito
sino ad oggi.
D.: Secondo lei la crisi di questi ultimi tre anni sui mercati finanziari
cosa ha insegnato a investitori e promotori?
R.: Purtroppo temo che ai risparmiatori abbia "insegnato" solo ad
avere più sfiducia nel sistema finanziario. In questo Paese non si investe
per aumentare la cultura finanziaria nazionale ed il vecchio paternalismo di
Stato, che sforna un eccesso di regolamenti, rende la situazione ancora più
ingessata. E' un peccato perché l'offerta a disposizione dei cittadini
e la concorrenza non mancano; viviamo in una vera democrazia finanziaria. Il
mio libro va in questa direzione, cercando di far rinascere nell'investitore
la voglia di chiedere, di capire e di superare i problemi del passato per poter
apprezzare al meglio la bontà di un rapporto con un interlocutore professionista.
I promotori penso abbiano fatto un po' di scuola di realismo. Aumentati a dismisura
nel 2000, molti si sono accorti in modo brusco della effettiva difficoltà
di questo mestiere, che non può, né deve sostenersi con la notorietà
del marchio di appartenenza, con le classifiche di performance (una brutta abitudine
che sta tornando di moda), con gli spot televisivi. Se la campagna dell'Anasf
sulla consulenza darà i frutti che merita, i promotori dovranno sempre
più abituarsi a fare ricerche indipendenti e a gestire sempre più
attivamente i rapporti con più società prodotto. In questo la
nostra categoria è anni luce avanti al sistema bancario tradizionale,
ed è su questa differenza qualitativa che credo si giocherà il
futuro del nostro settore.
D.: A suo giudizio, e alla luce delle considerazioni svolte in "Liberi
si nasce" come ritiene che oggi il promotore finanziario possa aiutare
i risparmiatori a effettuare le scelte "giuste" in materia di investimenti?
R.: Nel modo di sempre: facendo molte domande ed ascoltando con attenzione le
risposte (come solo i promotori hanno la capacità, la motivazione ed
il tempo di fare) prima di proporre qualsiasi cosa. Da questo punto di vista
direi che non è cambiato nulla negli ultimi 300 anni. Come accade da
secoli, i guai più recenti saranno il seme da cui germoglieranno le oculate
scelte più prossime, sino a che una nuova generazione di consulenti/investitori
ricomincerà, in un contesto diverso (quindi unico), a fare esperienze
simili: quanto tempo impiegherà l'Argentina prima di deludere un'altra
volta, la settima, gli investitori di tutto il mondo?
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