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Tra i risparmiatori cresce l’attenzione al rischio
Plus24 - Il Sole 24 Ore, 22 febbraio 2014



di Antonio Criscione


Articolo di Plus24 - Il Sole 24 Ore - 22 febbraio 2014


Testo dell'articolo

Gli italiani sono diventati più prudenti rispetto al risparmio? Stanno attenti ai rischi che corrono quando investono i propri soldi? Secondo il sondaggio condotto da IPR Marketing, diretto da Antonio Noto, in esclusiva per Plus24, sembra proprio di sì. I numeri sono eloquenti: il 64% dice di guardare più all'eventuale rischio che al rendimento e solo il 16% ammette di guardare subito (se non solo) agli schèi, al rendimento atteso. Una situazione in cui secondo Giancarlo Forestieri, ordinario di economia degli intermediari finanziari alla Bocconi: «si può riscontrare un atteggiamento che impropriamente vede il rischio come "possibilità di perdita", o quello che in letteratura è definito come loss aversion. Questo può spiegare il peso maggiore che assume rispetto al rendimento».
I prodotti complessi poi rendono ancora più guardinghi gli investitori, che per l'83% si dichiarano allineati all'indicazione dell'Esma (l'authority europea dei mercati finanziari) che ha di recente avvertito: meglio evitare di investire se non si capiscono le caratteristiche del prodotto. Ovviamente questo presupporrebbe che l'investitore riesca a percepire effettivamente il prodotto di investimento che si compra. Secondo Simone Mariotti, promotore finanziario e saggista: «"Quanto rende" è da sempre la prima richiesta che arriva dalla maggior parte degli investitori. Chiunque affermi il contrario racconta storie o non ha mai avuto rapporti diretti con i risparmiatori. Che poi negli ultimi anni sia maturata una sorta di paura, che ha portato anche ad affiancare la richiesta "basta non perdere", è ugualmente vero. Ma la realtà è che si sa che ci sono dei rischi, ma pur essendone un po' più consapevoli che in passato (sempre però con grandi lacune e grandi amnesie), si tende a volere la moglie ubriaca e la botte piena».
La vera distinzione è quindi come si assumono le informazioni. Tra le risposte del campione prevale che la preferenza per il consiglio dell'esperto. Probabilmente è la risposta che sembra più ragionevole al momento di rispondere al sondaggio. Ancora una volta però Mariotti nota come al momento di mettere mano al portafogli il comportamento sia in realtà un altro: «In Italia è ancora di gran lunga l'offerta che indirizza la destinazione finale dei risparmi, e il venditore decide cosa vendere e a chi. Di fatto, quindi, ben più del 18% si fida di chi consiglia l'investimento».
Anche le conoscenze emerse dal sondaggio, messe alla prova dei fatti, si mostrano meno solide di quanto pare. Tra rischio di credito e di controparte, che abbiamo indicato nel sondaggio, in realtà c'è un confine molto sottile e, ricorda Mariotti: «Banca d'Italia in alcuni documenti le usa come sinonimi, mentre nel sito di Borsa Italiana sono uno la sottospecie dell'altro, ma il succo di base è lo stesso, il rischio cioè che una delle parti sia inadempiente». Eppure le risposte del campione sono molto diverse.
Il campione degli intervistati è rimasto poi perplesso davanti a un'altra domanda che ne metteva alla prova la saldezza di nervi: l'apprezzamento di un'azienda italiana solida, ai fini di un ragionevole investimento. La maggioranza non prende posizione (52%), mentre il 34 per cento dice che non sceglierebbe un impiego di questo tipo. In passato molte volte le aziende che sembravano solide, si sono mostrare un investimento tutt'altro che previdente.
Conclude Forestieri, «si può intuire forse che c'è bisogno di educazione finanziaria e di buona consulenza, ». Anche la categoria degli esperti può essere molto variabile al suo interno: il parere di un amico "smanettone" non vale quanto una seria consulenza finanziaria.









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Data creazione pagina: 2014-03-01 (971 Letture)

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