La Voce di Romagna, 3 ottobre 2011
di Giuliano Bonizzato
E’ da pochi giorni trascorso il cinquantenario dalla immatura scomparsa di Romeo Neri, gloria sportiva riminese, vincitore, alle Olimpiadi di Los Angeles 1932, di tre medaglie d’oro nella ginnastica artistica individuale e a squadre, e nelle parallele. Quando lo conobbi per la prima volta, a poco più di quattordici anni, era un modesto tecnico del Comune che integrava il proprio stipendio con i proventi di una Palestra Privata (la “Romeo Neri”, appunto) che, dalla primitiva sede all’Arengo, si era trasferita nel grande locale, tuttora esistente, posto sotto la Tribuna laterale sinistra dello Stadio che poi avrebbe portato il Suo nome. A quei tempi il mio insegnante di Educazione Fisica al Liceo Giulio Cesare era Eugenio Pagnini (già grande protagonista nel Pentathlon, con ottimi piazzamenti olimpici ad Amsterdam e Los Angeles) che, come è noto, importò nella nostra Città dagli Stati Uniti, il giuoco del Baseball sino a quel momento pressoché sconosciuto in Italia. E Pagnini, geniale e autoritario, se ne fregava altamente dei programmi ministeriali relativi alla sua materia poiché la sua vera ambizione era fare di Rimini la capitale di quello sport tutto “americano”, gettando le basi della celebre squadra dei “Pirati” quella degli otto Scudetti e delle tre Coppe dei Campioni. Le sue lezioni, quindi, erano quasi esclusivamente imperniate sulle partite che giocavamo con mazze palle e guantoni che il Professore si era procurato pagandole di sua tasca. Olimpic Gene (questo il soprannome che gli avevamo appioppato) non ci mise molto a capire che cinque o sei dei suoi ragazzini, tra cui il sottoscritto, erano veramente negati per quel giuoco, e anziché tenerci in panchina, chiese all’amico Romeo di farci lavorare assieme ai suoi allievi.
Ringrazio ancora il Cielo per aver avuto in tal modo l’opportunità di incontrare un vero, grande Maestro. Il vecchio Campione, gentile, sereno, efficiente, riuscì in breve tempo a trasmetterci una tranquillità e una fiducia nei nostri mezzi tale da consentirci performance che mai avremmo pensato di raggiungere. E ciò per il solo fatto di essere lì, velocissimo nei riflessi, pronto a prenderti al volo se sbagliavi una uscita o una capriola, sempre disponibile a spiegarti un passaggio alle parallele o agli anelli, magari dando lui stesso l’esempio. Erano momenti, quelli delle sue esibizioni didattiche, piuttosto rari ma che, quando si verificavano, avevano il fascino di un’arcana magia. Il “ vecchio” si trasformava improvvisamente in una entità disincarnata che volteggiava e prendeva il volo priva di peso come un angelo. A differenza di Pagnini che rievocava spesso con noi le sue glorie sportive, Romeo Neri era estremamente umile e schivo. E soltanto molti anni dopo, nel racconto che ce ne fece un allievo della Sua Palestra, il giornalista sportivo Sergio Neri, venimmo a sapere che nel 1932, subito dopo aver conquistato i tre ori a Los Angeles, aveva ricevuto, sul posto, dalla Metro Goldwyn Mayer la proposta (da lui rifiutata perché avrebbe dovuto abbandonare per due anni la sua amata Rimini) di impersonare il primo Tarzan della lunga serie, iniziata proprio nel 1932, con Tarzan l’uomo scimmia, interpretato da un’altra medaglia d’oro olimpica, nel nuoto: Johnny Weissmuller. E mi vien fatto di pensare quanto Romeo Neri, in quel ruolo, avrebbe potuto deliziare gli spettatori con vere superbe acrobazie di ramo in ramo mentre Weissmuller, a suo agio quando si trattava di nuotare a stile libero nei fiumi e nei laghi Africani, era, sugli alberi, un “uomo scimmia” davvero poco credibile.
Nessuno di noi divenne un campione. Tutto finì nel volgere di un anno scolastico. E purtroppo, poco tempo dopo, a soli cinquantotto anni, una malattia inesorabile si portò via il Campionissimo. Ciò nonostante devo in gran parte a quel Grande, ne sono assolutamente certo, una sicurezza fisica che mi ha accompagnato per tutta la vita. E penso, metaforicamente, a quanti ragazzi, soprattutto oggi, farebbe bene sentirsi accanto un Romeo Neri, quando giunge per loro il momento fatidico di “buttarsi” nel primo “salto mortale”. Quello della Vita.
Purtroppo i Grandi Maestri si fanno sempre più rari. E di Cattivi ce ne sono fin troppi.
Romeo Neri in due foto d'epoca
...e in due caricature de Il Popolo di Romagna
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