"A, come Atrocità; / Doppia T, come Terremoto e Tragedia;
/ I, come Ira di Dio: / L, come Lago di sangue e A, come Adesso vengo e ti
sfascio le corna."
(Diego Abatantuono in Attila, flagello di Dio, 1982)
La scanzonata citazione posta all'inizio di questo ABC un po' dissacratorio
sul mondo della gestione del risparmio, richiama il linguaggio, a metà
tra il serio e il faceto, che troverete leggendo una dopo l'altra le lettere
di questo piccolo compendio sul come aggirare le fregature finanziarie.
Se però fossi voluto entrare più profondamente nel merito della
questione, e del perché abbia pensato di scrivere di risparmio e investimenti
in tal modo, sarebbe stato certamente più appropriato (e anche un po'
presuntuoso) iniziare con le parole di uno dei più grandi filosofi
del '900, Hans Georg Gadamer, che nella sua opera principale, Verità
e metodo scrisse: "È più difficile porre domande
che offrire risposte perché per essere capaci di domandare bisogna
voler sapere ed essere convinti di non sapere, [...], il domandare è
piuttosto un patire che un agire, [...], l'arte del domandare è l'arte
del domandare ancora, ossia l'arte stessa del pensare".
Anche se Gadamer si riferiva a ideali ben più elevati del denaro, come
la comprensione tra i popoli, il senso della vita, la crescita attraverso
la dialettica, non posso non notare come l'arte del domandare in finanza da
parte del grande pubblico, non solo non sia esercitata in modo appropriato,
ma pare essere addirittura un concetto misterioso. Se a prima vista il titolo
di questo lavoro sembra provocatorio, davanti a certi, diffusissimi comportamenti
posti in essere con la più totale naturalezza da molte persone, si
è veramente portati a credere che per taluni lo scopo ultimo del loro
agire finanziario sia proprio quello di perdere del denaro.
Ho provato allora a elencare i più diffusi tra gli errori, i miti e
le curiosità che caratterizzano così spesso l'atteggiamento
di chi si trova a dover gestire i propri risparmi, mettendomi per questa volta
nei panni di un folle intento a proporre qualcosa che va contro il normale
buon senso, e cioè, appunto, come perdere meglio piuttosto che guadagnare.
È una richiesta "nascosta" così diffusa, che forse
aiuterà i lettori a meglio riconoscere i comportamenti più irrazionali,
patrimonio di non pochi risparmiatori, e a evitare i tanti luoghi comuni che
sorreggono subdolamente il sistema economico, sia che si tratti di obbligazioni,
di valute, di immobili, di materie prime o di titoli azionari.
A proposito di questi ultimi, credo che, al di là degli innumerevoli
studi antropologici e teologici del mondo, la vera prova che discendiamo tutti
da un unico Adamo risieda nell'incredibile identità di comportamento
masochistico che il cittadino medio attua nei confronti del mercato azionario,
senza distinzione di razza, epoca, cultura o livello di ricchezza. Che siano
olandesi del Seicento, francesi del Settecento, americani dell'Ottocento,
giapponesi del Novecento o cinesi del Duemila, nulla cambia. E dopo quattro
secoli ancora si fatica a capire che ci sono solo due tipi di investitori:
quelli che usano le azioni come fossero fiche di un casinò (e sono
la maggior parte), e che fanno la stessa brutta fine del frequentatore medio
dei casinò; e quelli che invece investono poco alla volta infischiandosene
delle mode, dei collocamenti pubblici, delle "dritte" degli amici
del bar, e stanno ad aspettare senza fretta il passaggio dei cadaveri dalla
sponda del fiume. Anche per loro investire è giocare al casinò,
solo che hanno la parte del banco.
Ecco che allora, prima leggeremo una dopo l'altra le lettere del nostro particolare
alfabeto, affinando così la "tecnica" distruttiva dei primi,
estendendo il discorso a tutte le forme di investimento, perché la
cosa più importante è conoscere l'avversario.
Poi, nell'epilogo di questo racconto, rifletteremo su come usare al meglio
le informazioni che abbiamo raccolto strada facendo, per poter entrare anche
noi nella cerchia di coloro che tengono il banco. E la sorpresa è che
per quel ruolo, al contrario di quel che accade dentro i veri casinò,
c'è posto per tutti.